L'uso del dialetto nella poesia di Michele Pane


Si ĆØ svolto il  27 aprile 2019 a Decollatura il riuscitissimo convegno sul dialetto dal titolo Alla sorgente del Reventino organizzato dal Parco Letterario Michele Pane di Decollatura e dall’Associazione ‘U hocularu di PetronĆ .



L’aula magna del Liceo Scientifico Costanzo” di Decollatura era completamente occupata ,qui riportiamo l’intervento del prof. Giuseppe Musolino

(Intervento che potrete trovare per intero sul sito www.michelepane.it)


IL DIALETTO DI MICHELE PANE
Michele Pane (1876-1953) ĆØ stato il piĆ¹ importante poeta calabrese del Novecento che ha scritto in lingua italiana ma, soprattutto, nel dialetto di Decollatura che ĆØ il luogo in cui ĆØ nato e cresciuto.
Oggi non parlerĆ² della vita di Michele Pane e della ricerca che mi ha tenuto occupato a lungo negli anni scorsi giungendo alla pubblicazione nel 2011 di un volume dedicato alla biografia Poeta, bensƬ dell’uso del dialetto nelle sue opere, cercando di comprenderne le peculiaritĆ  e l’evoluzione.
La prima opera in assoluto scritta da Michele Pane ĆØ L’uominu Russu, con la pubblicazione avvenuta a Foggia nel 1899. La storia ĆØ nota anche perchĆ© la pubblicazione che prendeva di mira Leopoldo Perri sfociĆ² in una causa per diffamazione contro l’autore.
Michele Pane dunque esordƬ scrivendo in dialetto, scelta che non era obbligata perchĆ©, come dimostrerĆ  in seguito, era capace di comporre in lingua opere di grande qualitĆ  e perciĆ² non dobbiamo considerare il suo come un ripiego. La motivazione piĆ¹ probabile – e ne riparlerĆ² piĆ¹ avanti – credo che sia da ascrivere al tema trattato: sembra che quando si voglia scrivere qualcosa che vada contro il “potere”, specialmente se con sfottĆ², ironia e turpiloquio, la lingua dialettale che accomuna autore e destinatario del componimento sia la scelta privilegiata. Non saprei dire perchĆ© ma ne abbiamo la riprova quotidianamente quando accedendo a Facebook leggiamo i post contro questo o quel gruppo politico, contro questa o quella tifoseria avversaria, quasi sempre scritti in dialetto. E nemmeno il dialetto nelle sue sfumature piĆ¹ dolci o piĆ¹ colte, al contrario ricorrendo a trivialitĆ  ed espressioni che evocano le peggiori bassezze.
A spingere Michele Pane in questa direzione perĆ² ci fu anche l’influenza dei tanti scrittori calabresi che aveva avuto modo di conoscere nelle letture giovanili e nei contatti che aveva avuto a New York dove c’era una fiorente attivitĆ  di scrittori, giornalisti e poeti calabresi. La scrittura in dialetto quindi si presentava come un passaggio inevitabile, anche con il proposito di cambiare in seguito ma all’inizio i conti con la lingua madre bisognava farli.
A proposito di lingua materna, ĆØ necessario qui ricordare che la madre di Michele Pane era Serafina Fiorentino, la sorella del grande filosofo Francesco Fiorentino, nata e vissuta a Sambiase prima di trasferirsi in Adami per il matrimonio con Salvatore Pane, e quindi di formazione linguistica sambiasina.
ƈ vero che si sposĆ² molto giovane e che poi visse nella casa dei Pane ad Adami per cui la sua inflessione nel parlare – che non poteva non avere – si diluƬ nel tempo ma secondo me qualche elemento linguistico dovette pure introdurre nella lingua insegnata al figlio. Eppure nell’opera di Michele Pane non ĆØ stata mai rilevata alcuna parola o espressione riconducibile a questa particolare lingua materna, eccettuato forse per quel “ciopanu” che a Decollatura non ho mai sentito pronunciare. Anche le sue lunghe assenze da casa per la frequenza scolastica che lo portarono a Nicastro, dai nonni a Sambiase, a Monteleone e cosƬ via avrebbero potuto contaminare seriamente la sua formazione linguistica cosa che perĆ² non avvenne. Infatti, direi quasi paradossalmente, tutte queste potenziali fonti di contaminazione finirono invece per annullarsi reciprocamente consegnandoci un corpus letterario in puro dialetto decollaturese cui attingere per la standardizzazione delle espressioni e del modo di scriverle….....



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